Lo Chardonnay della Borgogna ha messo radici nell’Astigiano

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Lo Chardonnay della Borgogna ha messo radici nell’Astigiano

27 Gennaio 2020

Lo Chardonnay è stato introdotto in Piemonte nella prima metà dell’Ottocento. Il suo arrivo si deve al marchese Filippo Antonio Asinari di San Marzano, diplomatico al servizio dei Savoia e di Napoleone.


Lo Chardonnay è stato introdotto in Piemonte nella prima metà dell’Ottocento.


Il suo arrivo si deve al marchese Filippo Antonio Asinari di San Marzano, diplomatico al servizio dei Savoia e di Napoleone. Al suo rientro dalla Francia, il marchese Asinari portò con sé alcune barbatelle di Chardonnay. Venivano da Montrachet, in Borgogna, oggi celebrata come la vigna che produce “il miglior vino bianco al mondo”. Furono messe a dimora a Costigliole. Fu così che lo Chardonnay, a partire dall’Ottocento, divenne a tutti gli effetti un vitigno italiano, e un vino “tradizionale” delle colline piemontesi.

Il diplomatico che si scoprì geniale viticoltore


Filippo Asinari su queste colline ci era nato. Qui dedicò ogni istante libero e gran parte del suo ingegno alla viticoltura, fra un impegno diplomatico e l’altro. Portò a un nuovo livello i vini astigiani. Quegli stessi principi di razionalità e scientificità che Napoleone metteva al servizio delle regioni conquistate, il marchese li applicò alla produzione di vino. Enciclopedia e moschetto; studio e disciplina; pragmatismo militare e sistematicità scientifica. In Francia conobbe i grandi produttori dell’epoca e si innamorò dei loro vini. Ebbe rapporti confidenziali con Chateaux Margaux, Chateaux Lafite, Chateaux Latour, Chateaux Haut Brion e Chateaux d’Yquem. Nei suoi possedimenti di Costigliole nacque una sorta di “vigneto sperimentale”.

Vecchie scarpe sotterrate: nasce la biodinamica


Da Oltralpe portò vitigni che non si allontaneranno più dalle colline piemontesi, come il Cabernet Sauvignon e lo Chardonnay. Ma anche rarità enologiche che meriterebbero una nuova attenzione: la Bertromlina, il Baleran, la Gramestia, la Grigia, l’Uva Carne, l’Uva Scrass, il Mossano Nero, la Barbarossa, o la Slerina. Oltre allo Chardonnay, uno dei nuovi impianti che più avranno ripercussioni sulla viticoltura del Piemonte sarà il Brachetto, o meglio Braquet di Nizza Marittima. Importato dal marchese nel primo decennio dell’Ottocento, si diffuse in tutto il Monferrato. Sostituì quasi ovunque le antiche Malvasie nere locali. Filippo Asinari introdusse pratiche che oggi definiremmo biodinamiche. Cosa avranno pensato i suoi mezzadri quando il Marchese ordinava di sotterrare nelle vigne centinaia di vecchie scarpe? O di interrare ressicatura di corno, quasi si stesse compiendo un rito propiziatorio? In realtà – empiricamente – Filippo Asinari sperimentava come materie organiche quali cuoio e corno potessero decomporsi rilasciando azoto, fonte rivitalizzante per le pianticelle: Rudolf Steiner prima che Steiner nascesse.

Monteriolo, l’omaggio al marchese Asinari


Casa Coppo celebra il suo omaggio al Marchese con un vino: il Monteriolo è un tributo all’intraprendenza del diplomatico astigiano. L’eredità di quelle missioni per conto di Napoleone, degli scambi con gli Chateaux francesi e delle barbatelle prese a Montrachet. Le barbatelle hanno fatto presa. La composizione del suolo astigiano e il microclima favorevole ne hanno permesso il radicamento: quelle viti hanno trovato nuova casa, generando un vino di classe superiore. Monteriolo è uno Chardonnay in purezza, ottenuto da uve raccolte a mano. I grappoli sono scrupolosamente selezionati e il vino è affinato sui lieviti in barrique per 9 mesi, con frequenti batonnages. Da assaggiare nelle incredibili cantine sotterranee di Coppo.


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